È un fatto poco noto ma nella motor valley, a Reggio Emilia si trovava una importante azienda che ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della motoristica emiliana: le “Officine Meccaniche Italiane”, dette anche “Reggiane”. Pensando al futuro, nel periodo bellico, fu sviluppato un progetto di un’auto che avrebbe dovuto fare concorrenza addirittura all’Alfa Romeo, grazie al ricorso ad innovative tecnologie aeronautiche.
L’azienda nacque nel 1901 come una fonderia e col tempo crebbe specializzandosi nella costruzione di parti meccaniche, materiale ferroviario, macchinari per pastifici. Nel 1935 venne acquisita dal gruppo Caproni. Il culmine dell’attività venne nel 1942 arrivando ad impiegare 11200 dipendenti e producendo avanzatissimi aerei da caccia, bombardieri e motori per aviazione. Come importanza, all’epoca era la quarta azienda del paese per fatturato.
Velivolo Reggiane RE2005. Nato come evoluzione del RE2000, fu il miglior caccia prodotto dalle Reggiane ed impiegato in guerra.
L’8 gennaio 1944 la fabbrica venne rasa al suolo da un pesante bombardamento alleato e nel dopoguerra continuò a costruire treni, poi anche grandi gru per terminali portuali, fino ad arrivare alla chiusura nel 2007. Attualmente si sta recuperando parte delle strutture ed è stato creato un archivio, fornito anche di materiale tecnico.
È interessante notare come nel dopoguerra dalle Reggiane uscirono tante persone che, forti delle competenze e conoscenze acquisite, contribuirono allo sviluppo di importanti aziende o ne fondarono delle proprie. Si ricorda ad esempio l’Ing. Lampredi, che passò alla Ferrari a progettare il primo motore con cui la casa di Maranello vinse i suoi primi due campionati di F1 nel 1952 e 1953, poi famoso progettista di motori Fiat (vedi bialbero Lampredi). Sempre alla Ferrari non si possono non dimenticare Salvarani e Rocchi, due validissimi tecnici che supportarono l’Ing. Forghieri. All’Alfa Romeo, invece, andò l’Ing. Alessio che, come direttore della squadra corse dell’Alfa Romeo, la portò a vincere i due campionati del mondo di F1 del 1950 e 1951.
Nel periodo bellico la professionalità e le competenze alle Reggiane erano a livelli di eccellenza in virtù del fatto che operavano nel settore all’epoca più avanzato: l’aviazione. In Italia erano addirittura all’avanguardia rispetto ad altre aziende come Fiat e Macchi perché impiegavano tecnologie di origine americana.
Disegno dell’automobile Reggiane
Con notevole lungimiranza e in considerazione del fatto che la guerra e le relative produzioni aeronautiche sarebbero terminate, mentre il complesso industriale era stato pressoché distrutto dagli attacchi aerei alleati, l’ingegner Alessio diede evidenza a un progetto per la costruzione di un’autovettura, illustrando le considerazioni di carattere industriale e commerciale che tale lavoro avrebbe dovuto tener presente.
Ing. Alessio davanti ad un velivolo RE2000
Pur considerando che sulle lunghe distanze l’aereo sarà il mezzo di trasporto più importante e popolare ipotizza che: “grande richiesta di automobili si avrà alla cessazione delle ostilità per la depauperazione di tutti i mercati dovuta alle distruzioni di guerra, alle requisizioni, all’usura dei mezzi superati ed alle stasi delle industrie, è fuor di dubbio che il mercato automobilistico, liberato dai vincoli doganali troppo monopolistici, o da posizioni di privilegio, dovrebbe riservare al nostro Paese le possibilità di meglio saturare la diffusione all’interno e forse anche di cercare degli sbocchi all’estero, soprattutto se si tiene conto che una politica ai lavori pubblici e quindi anche di autostrade…”
Non si trascura l’analisi dei complessi industriali concorrenti: “Forse soltanto la FIAT sarà in grado di produrre il tipo di auto popolare a basso prezzo perché la sua realizzazione comporta un’organizzazione ed una potenza di impianti, una tradizione commerciale, un’organizzazione del servizio dell’assistenza clienti ed un dominio del fido del credito, legati alla organizzazione della vendita a rate, che non si improvvisano.”
In realtà, già nel 1943, Alessio affidò all’Ufficio tecnico motori guidato dall’Ing. Del Cupolo, l’incarico di realizzare un’autovettura “di buona capacità dimensionale, di alte prestazioni, di bassa potenza tassabile, di decorosa presentazione utilizzando leghe leggere nazionali…” in modo da sfruttare l’alluminio e le conoscenze acquisite grazie alle produzioni aeronautiche.
Era previsto che il motore, un 4 cilindri boxer di 1750cc di cilindrata e 70 CV di potenza, fosse integrato da un compressore centrifugo. La scelta ricadde su questo tipo di motore per il basso baricentro, peso, ingombro e per la buona equilibratura. Alessio ritenne utile far tesoro, per questo progetto, dell’esperienza motoristica già acquisita nell’ambito dei motori d’aviazione. È interessante notare come, in questo campo, le Reggiane realizzassero motori stellari a 14 cilindri a doppia stella, lineari a V12 e W18 ad iniezione diretta della benzina, con cilindrate fino a 40000cc e potenze fino a 1600 CV, con compressore per ristabilimento della quota.
La potenza equivalente a quella dei concorrenti Buick, Chrysler, Alfa Romeo, la minore cilindrata e il minor peso sarebbero stati i punti di forza, grazie anche all’utilizzo di leghe leggere quali idronalio o peralumal. Era previsto l’impiego degli stessi materiali anche per il telaio e per la carrozzeria, in gran parte saldati per punti, adottando le esperienze di progettazione strutturale utilizzate per la realizzazione delle ali del caccia RE2000.
In particolare il telaio era a trave centrale, realizzato con una struttura a cassone, ovvero una struttura chiusa formata da longheroni a C, traverse saldate e rivestimento lavorante, mentre il motore era montato a sbalzo anteriormente. Il vantaggio era notevole sul peso e sulla resistenza strutturale. A titolo di confronto i telai in alluminio in Europa apparvero negli anni ’80.
Il telaio di derivazione aeronautica
Il peso dell’auto di 1100 kg sarebbe stato inferiore ai 1400-1500 kg dei concorrenti ed avrebbe permesso economie costruttive e l’utilizzo del cambio a marce.
I freni previsti erano a comando idraulico sulle quattro ruote.
Nello studio della carrozzeria si tiene conto delle presse esistenti in azienda, ritenute sufficienti senza la necessità di ulteriori integrazioni. Anche l’aver previsto l’utilizzo del plexiglass per i due terzi del tetto aggiunge novità ed ampia vetratura, risolvendo agevolmente il problema strutturale del tetto non realizzabile senza grandi presse.
Un’interessante soluzione adottata era la carrozzeria senza montante centrale, realizzando l’abitacolo in una struttura chiusa composta da due involucri in lamiera leggera collegati al telaio tramite silent block. In questo modo il loro effetto smorzante delle asperità del terreno si aggiungeva a quello degli pneumatici, aumentando il comfort interno.
Le sospensioni indipendenti sulle quattro ruote, realizzate secondo parallelogrammi articolati ed integrate da stabilizzatori trasversali a barre di torsione e smorzatori idraulici, avrebbero posizionato l’auto a livello delle auto più innovative in quanto a soluzioni tecniche
Le sospensioni anteriori e posteriori
Il piano successivo allo studio viene definito in cinque fasi principali:
1. Costruzione del telaio
2. Costruzione della carrozzeria
3. Collegamento delle strutture e montaggio della trasmissione
4. Collaudo statico di telaio e carrozzeria con coefficiente di contingenza pari a quattro
5. Prova dinamica su rulli
Il problema del motore non preoccupa Alessio in quanto dichiara “che non c’è nulla di arrischiato od inedito nel progetto”.
E neppure l’arredamento interno “data la preparazione ed il buon gusto delle nostre maestranze del settore ferroviario…”. Infatti anche gli interni furono oggetto di particolare attenzione focalizzata alla comodità ed ergonomia. Il pavimento fu realizzato con lamiera ondulata al fine di garantire maggiore resistenza strutturale (vedi ali dei caccia Reggiane). Era addirittura previsto un impianto di condizionamento dell’aria, che in Europa cominciò ad apparire dagli anni ’60.
A riprova delle fasi di sviluppo del progetto appare agli archivi personali della famiglia Del Cupolo il diario del 1943 nel quale sono riportati per ogni giornata lavorativa gli incarichi assegnati ai collaboratori, tra i quali emergono due nomi, Rocchi e Lampredi, che parte importante avranno nel dopoguerra per l’attività progettuale che svolgeranno con Enzo Ferrari.
Allo sviluppo dell’auto parteciparono anche l’Ing. Piccardi e il Sig. Monfredini.
L’esito delle vicende belliche e politiche locali imposero l’abbandono del progetto. Qualche anno dopo la Caproni presentò un progetto di un’auto molto simile firmato dal celebre Ing. Fessia: la Cemsa F11. Si nota un’analogia di linee, del motore boxer a 4 cilindri montato a sbalzo anteriormente, ma senza il telaio di derivazione aeronautica. Qualche anno più tardi riapparirà la stessa architettura su una importante berlina, la Lancia Flavia, non a caso di nuovo firmata dall’Ing. Fessia.
Ulteriori informazioni: https://www.archivioreggiane.it