Bugatti: il sogno mancato

25 novembre, 2018Ruote Leggendarie Production | Italia

 

 

Durante un evento recentemente organizzato ho avuto l’opportunità di visitare l’ex stabilimento Bugatti di Campogalliano, non lontano da Modena. Avevo sentito parlare tante volte della grande impresa di far risorgere lo storico marchio Bugatti in una terra già predisposta per lo sviluppo di auto sportive di lusso e la visita guidata dall’ex custode è stata particolarmente interessante. Ha evidenziato quanto la parte architettonica della struttura e le caratteristiche dei loro prodotti presentassero elementi di avanguardia per l’epoca.

 

LA MACCHINA

Rimando ad altra sede l’approfondimento della storia, ma per chi non la conoscesse, all’inizio degli anni ’90 l’imprenditore Romano Artioli decise di costruire un’auto sportiva dalle elevate prestazioni e il suo motore. Nacque così la EB110, una 2 posti spinta da un propulsore V12 posteriore da circa 610 CV con quattro turbo e parti in titanio, quattro ruote motrici, telaio in carbonio, interni lussuosi. Un’auto che probabilmente impensieriva le case costruttrici modenesi dell’epoca.

Le sue linee sobrie la rendono un’auto moderna ancora oggi. La macchina dimostrò subito di possedere elevate doti prestazionali raggiungendo i 351 km/h con 0-100 da 3.2s e realizzando diversi record. Per rafforzare l’idea del lusso venne scelto come testimonial Alain Delon, creata una serie di attività di rilancio del marchio e di merchandising di altissimo livello e l’auto venne addirittura presentata a Versailles. Da un punto di vista commerciale, però, nonostante la creazione di un secondo modello, la EB112, il sogno durò pochi anni costringendo l’azienda a dichiarare il fallimento nel 1995. In seguito il marchio venne rilevato dal gruppo Volkswagen.

 

 

LA FABBRICA

Quello che stupisce, nonostante siano rimaste prevalentemente le strutture esterne, è l’insieme degli edifici, progettati dall’architetto Benedini in modo estremamente funzionale ed ergonomico senza tralasciare la ricerca di soluzioni raffinate. In particolare, pareti della produzione inclinate per dare maggiore luminosità agli ambienti, officina esperienze con ponti a scomparsa, piccoli gruppi servizi sospesi e traslabili dai quali accedere ad aria compressa, luce, elettricità. Poi, sala prove con banco rulli ad elevata potenza per quattro ruote motrici, in ottica di uso futuro anche da parte di clienti esterni, banchi motore ergonomici e allestiti anche per testare diverse benzine. Edifici pensati per aumentare l’efficienza energetica per mezzo di scambiatori di calore.

La palazzina progettazione, poi, è la vera sorpresa. Vista in pianta è composta dall’unione di una struttura a vetri quadrata ed una semicircolare. Il motivo sarebbe relativo al fatto che chi lavora con l’immaginazione trova più stimoli in un ambiente curvo ed illuminato. Attraversando i vari locali, la guida, poi, è brava a far immaginare quale ambiente particolarmente ricercato ospitasse: colonne cave in metallo, scale con corrimano illuminato, marmi nei bagni, uffici insonorizzati e dotati di luce diffusa, nessun cavo a vista.

L’ingresso nella parte curva è molto d’effetto ma soprattutto colpisce lo show room circolare al piano terra, al quale si giunge da una passerella rialzata e realizzato con cubetti di porfido che simulano la strada. Nel mezzo si trovava la parte rotante che doveva mettere in risalto l’automobile.

Resta il rammarico di quello che sarebbe potuto essere e dei motivi che hanno portato alla chiusura.

 

 

UNA CURIOSITÀ

Durante l’avventura Bugatti, Romano Artioli rilevò la Lotus e la rilanciò con la famosa Lotus Elise, progettata negli stessi locali. Elisa, infatti, è il nome di sua nipote.

 

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