25 Dic Museo Alfa Romeo, Arese: l’eleganza dello stile italiano, la tecnica e le corse
Museo Alfa Romeo, Arese
l’eleganza dello stile italiano, la tecnica e le corse
25 December, 2019 – Ruote Leggendarie Production | Italia
Il museo dell’Alfa Romeo, recentemente restaurato e riaperto, sorge nei luoghi dove un tempo si trovava lo storico stabilimento di Arese, alle porte di Milano.
La visita si apre ammirando una collezione di motori di aviazione, stellari o con cilindri disposti in linea, nella cui produzione l’Alfa si concentrò soprattutto nel periodo bellico.
Salendo al primo piano si entra in una grande sala e l’impatto è forte: sotto gli occhi appaiono tutte le auto più significative della storia del marchio. Il primo gruppo è rappresentato dalle Alfa Romeo della prima metà del Novecento. Da una lussuosissima RL Super Sport ad una spettacolare e raffinata 6C 1750 Gran Sport bianca Zagato, ad una potente 8C 2300, alla storica 1900. La 1900, insieme alla Giulietta, determinò il boom dell’Alfa del dopoguerra e la rese nota a livello mondiale, ma non sfugge all’attenzione una 2600 Sprint, una delle ispiratrici del successivo stile Alfa GT, e ad una Giulia blu, forse a ricordare il suo importante utilizzo da parte delle forze dell’ordine.
Al piano inferiore sono in mostra le Alfa dagli anni ’70 ai giorni nostri, a partire dall’avveniristica linea della Montreal nata dall’estro di Marcello Gandini, alla storica Alfasud, all’Alfetta. La 75 e la 164 esibiscono una spiccata linea a cuneo e soprattutto la prima è considerata dagli Alfisti l’ultima auto ad incarnare lo spirito Alfa, poiché ancora caratterizzata dalla trazione posteriore. Proseguendo non si può non ammirare un’opera d’arte, la 156, disegnata da Walter de Silva. Una berlina che sembra un coupé’. Il frontale racchiude una sintesi di diversi modelli del passato ed è interessante cercare di scoprirli nel museo. Sulla fiancata, al centro, invece spicca l’elegantissima soluzione della scomparsa della linea di cintura (linea che corre tra i fari anteriori e posteriori) per evidenziare la maniglia cromata come se fosse un elemento decorativo incastonato. La maniglia della portiera posteriore, invece, è completamente occultata.
A fianco si trova una sportivissima 8C competizione, di recente sviluppo e dal forte carattere, costruita in serie limitata.
Scendendo di un piano ulteriore si raggiunge l’esposizione delle icone di stile, iniziando con una serie di prototipi. Tra essi spiccano i due avveniristici modelli usciti dalle matite di Gandini e Giugiaro, la Carabo e l’Iguana. Modelli che insieme alla Disco Volante e alla Aerodinamica del 1914 sembrano emerse dai libri di fantascienza. Può essere interessante notare come il nome Iguana trovi ispirazione dalle molteplici feritoie sul muso e sulla coda, che ricordano le squame. La Carabo, invece, è la quintessenza della linea a cuneo, molto in voga nei successivi anni ’70-‘80.
Si continua con grandi e lussuose berline 6C degli anni ’30, dalla forma aerodinamica. In posizione un po’ dimessa, si trovano quelli che sono considerati due capolavori assoluti dell’arte automobilistica italiana: una Giulietta Spider e una Giulietta Sprint, disegnate rispettivamente da Pininfarina e Bertone (anche se le prime serie sono ancora più notevoli). Eleganza e raffinatezza dello stile della scuola italiana, ottenute paradossalmente per sottrazione di elementi anziché per addizione. Altre Giulie e Giuliette in passato oggetto di desiderio di tante persone, tra cui la potente GTA e il mitico spider Duetto, completano la sala.
Il museo termina con la storia delle competizioni, dove si trovano le auto campioni del mondo come la P2, la P3 auto pilotata da Nuvolari, la 158 con la quale l’Alfa vinse con Farina il primo campionato F1. Non mancano la 159 un’auto da 300 km/h con cui Fangio vinse nel 1951, la 8C 2300 Monza, esperimenti con doppi motori, tutte presentate in modo suggestivo.
Poco più avanti si entra nella sala delle auto delle competizioni GT, tra le quali anche la 33 stradale, la GTA, la TZ2 dalla coda tronca.
Tutte auto che hanno fatto sognare e che sono rimaste nell’immaginario collettivo, peccato solo non poterle accendere, sentire il rombo del bialbero e guidarle.